Non siamo il voto che prendiamo
Da sempre siamo stati abituati a pensare che ciò che ci qualifichi veramente in ambito scolastico sia il voto che prendiamo. I nostri genitori ci esortano ad impegnarci di più se portiamo a casa dei bassi risultati ma spesso ci capita che nonostante i vari sforzi e le molteplici ore dedicate allo studio, non riusciamo a raggiungere i risultati che ci aspettavamo e questo contribuisce ad abbassare il livello della nostra autostima. Può capitare che nel bel mezzo di un’interrogazione ci sentiamo assaliti dall’ansia, che questa arrivi a bloccare le nostre parole fino a farci rimanere in silenzio davanti ad una domanda del professore. Chiaramente quest’ultimo non potrà che interpretare il silenzio come una mancanza di conoscenze da parte nostra e valutarci con un voto negativo.
Spesso mi è capitato di non ricevere la valutazione che mi aspettavo e di rimanerci molto male. La mia esposizione orale poteva essere compromessa da fattori esterni: ad esempio la classica “giornata no”, o dalle forti pressioni inflitte dai professori.
Ovviamente il professore non è un mago e non può capire che in realtà siamo molto più preparati di ciò che sembra all’esterno. La soluzione ideale sarebbe cercare di sostituire la maggior parte delle interrogazioni con compiti scritti, per consentire in questo modo agli studenti di potersi esprimere realmente. La preoccupazione del professore potrebbe essere quella che a differenza di un’orale, il compito scritto non rispecchi a fondo le conoscenze degli studenti: la possibilità e la tentazione di copiare dal compagno di banco è molto alta.
La mia idea, per evitare ciò è quella di far svolgere il compito singolarmente o in gruppi di poche persone, presentando al ragazzo le domande che normalmente vengono fatte all’orale in forma scritta. L’alunno poi dovrà cercare di argomentare quanto ha scritto.
Bravo hai scritto bene, il tuo articolo mi fa capire meglio la mia conoscenza pedagogica