“Nessun insegnamento vale tanto quanto l’esempio” (Robert Baden Powell)

La parola “scout”, che significa esploratore, può assumere diverse interpretazioni a seconda dell’ambito in cui viene utilizzata. In particolare con il termine scout sono indicate le persone appartenenti allo scoutismo, un movimento, basato sul volontariato,  che ha come fine la formazione della gioventù. Questo movimento ha come obiettivi principali l’istruzione e l’educazione, intesa come il “tirar fuori” le qualità di ogni singolo ragazzo, dandogli l’ambizione e l’entusiasmo di imparare da sè, permettendo anche l’autoeducazione.

Ho frequentato gli scout dall’età di 8 anni fino all’età di 17 anni. All’inizio, in un ambito quasi esclusivamente di gioco, imparare gli insegnamenti di confidare in se stessi, senza aver paura di chiedere aiuto è stato semplice e divertente. Nell’età adolescenziale purtroppo l’insegnamento scout è venuto meno fino a indurmi a lasciare lo scoutismo proprio per una sensazione di inadeguatezza o di non accoglienza. L’età adolescenziale è infatti un’età molto particolare soprattutto per le ragazze. Così la figura dell’educatore  diventa di fondamentale importanza perché si cerca di educare il ragazzo incoraggiando l’espressione di se stesso, affinché impari dai propri sbagli, senza utilizzare metodi polizieschi e di repressione. Nella mia esperienza purtroppo, all’interno del gruppo di cui facevo parte, forse gli educatori erano ancora in cerca dei loro sbagli per tirar fuori se stessi, perché, in completa buona fede, permisero la formazione di gruppi all’interno di gruppi, che in qualche modo indebolivano l’autostima e la crescita di chi non faceva parte del sottogruppo. Così invece di provare gioia nel capirsi, nell’imparare dai propri sbagli, alcuni ragazzi entrarono in un loop  pericoloso, quello di sentirsi sempre sotto giudizio. 

Così partendo da presupposti eccellenti di rappresentare una guida per le azioni dei ragazzi e non un sistema di punizione per gli errori commessi, gli educatori scout, se non correttamente educati allo scoutismo e alla missione di educatori, rischiano di rimanere educandi a vita pur nei ruoli di educatori.

Questo provoca il distacco di alcuni scout in erba che, invischiati in un meccanismo assurdo di  sentirsi in colpa senza colpe, credendo nel rispetto e nel valore dell’educatore, non sono in grado di esternare i loro sentimenti e chiarire le loro idee. 

Così da un punto di vista pedagogico, seppur lo scoutismo rappresenti un importante modello di riferimento, occorre, a mio avviso, non soltanto educare gli scout nello spirito e nel corpo a compiere il loro dovere, ma occorre anche educare gli educatori ed essere educatori e non educandi, o forse bisognerebbe operare una scelta più accurata in base alle potenzialità di ciascuno scout, proprio secondo i principi di Baden Powell.

Riguardo

Studente FSE - creato da SG 07/10/19

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