Nomadelfia, un modello educativo alternativo.
Esistono modelli educativi validi alternativi a quelli più conosciuti? Questa è la domanda che più spesso mi sono posta durante le nostre lezioni.
Penso che la comunità di Nomadelfia (dal greco, “dove la fraternità è legge”) possa costituire una più che valida risposta a questo quesito.
Fondata da don Zeno Saltini nel 1947, occupando l’ex campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, in Emilia-Romagna, la comunità oggi conta circa 300 persone, tra persone non sposate, famiglie e sacerdoti. Si trova oggi nella Maremma grossetana (Toscana).
Nomadelfia si propone come modello sociale e produttivo fondato su precisi principi fondamentali condivisi da tutti i membri: la condivisione comunitaria e la comunione di tutti i bene (non esiste la proprietà privata e non circola denaro); l’apertura dei gruppi familiari all’accoglienza di figli in affido; la disponibilità di ognuno ad impegnarsi nelle attività lavorative necessarie alla comunità senza percepire alcun compenso economico e l’adesione alla fede cattolica.
L’organizzazione degli abitanti ha una struttura specifica ed efficace: i gruppi familiari (formati, ciascuno, da 3 a 5 famiglie) non sono permanenti ma vengono ricomposti, con cadenza triennale, per favorire la massima fraternizzazione possibile. Vivendo assieme si impara l’accoglienza reciproca e il perdono.
Molto interessante è l’aspetto educativo di Nomadelfia ed è anche la parte che mi ha colpito di più di questa realtà.
L’educazione viene vista come una responsabilità di tutti, per questo si parla di “educazione in solido”. I bambini imparano soprattutto dall’ambiente e dal contesto di vita, ritenuti fondamentali nella formazione di una personalità. I genitori rappresentano il primo punto di riferimento per i figli, che però sono consapevoli di poter fare affidamento anche sugli altri adulti, sia come figure affettive che educative.
Il modello pedagogico di Nomadelfia è chiamato “scuola vivente” perché punta ad una formazione che prepari alla vita e rifiuta ogni tipo di nozionismo. Don Zeno diceva: “Non dovete sapere molte cose che non vi servono a niente, ma poche cose che vi servono a vivere”. La scuola della comunità va oltre la semplice istruzione, si cerca di formare cittadini onesti e responsabili che possano inserirsi con serenità nel tessuto sociale.
Si insegna a valorizzare ogni individuo, cercando di rispettare i tempi dei ragazzi, sviluppando tutte le loro competenze ed eliminando ogni tipo di competizione (nella scuola di Nomadelfia non si danno voti).
Nel confronto con gli adulti una continuazione della maternità e paternità che si vive fuori dall’aula. È un rapporto meno gerarchico, più paritario, nella convinzione che da un fratello si impari di più che da un superiore. Al termine di ogni ciclo scolastico, i ragazzi sostengono l’esame finale presso la scuola pubblica come privatisti.
Ritengo che, nonostante Nomadelfia possa per tanti aspetti risultare come una realtà a sé stante, possa offrire spunti validi ed efficaci per il miglioramento di quelli che sono i sistemi educativi più utilizzati oggi. Don Zeno più che di scuola parlava di educazione, di conoscere non solo con l’intelligenza ma soprattutto vivendo. Ai bambini, diceva don Zeno “non bisogna mai fargli fare dei ragionamenti senza che vivano. Devono vivere e, per vivere, devono essere a contatto con la società. Per educare i figli bisogna educarli ad una vita completa, a tutte le cose che sono necessarie. Allora noi adulti siamo tutti in grado di aiutarli: chi è insegnante sa insegnare la sua materia, chi sa andare in motocicletta insegna ad andare in motocicletta; chi sa potare la vite insegna a potare la vite…sicché come passano in mezzo a noi, tutti sappiamo insegnare qualcosa”.
Questo “imparare vivendo” e la grande importanza che viene data alla valorizzazione dell’individuo penso che siano i due elementi da cui ogni modello educativo vigente oggi possa e debba imparare. Solo così si formeranno individui completi, competenti e capaci diventare un dono per la propria società e per il mondo.
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