L’educazione richiede sacrificio
Educare non è mai semplice, per quanto possa essere naturale nell’uomo, comporta sempre sacrifici e duro lavoro. Personalmente vivo l’educazione in prima persona, ed ogni giorno entro in contatto con le realtà difficili del mondo giovanile che noi educatori siamo chiamati ad affrontare e superare. Faccio la babysitter da tre anni a due meravigliosi bambini che oramai posso dire di veder crescere quotidianamente. Il primo ha dodici anni, mentre il più piccolo ne ha otto; considero le loro vite ormai interconnesse con la mia, passando ogni pomeriggio insieme fanno parte della mia quotidianità. Nonostante la mancanza di un legame familiare spesso mi sento parte integrante della famiglia in quanto conosco i genitori da quando sono piccola e sono delle persone veramente deliziose.
Ovviamente questa attività rappresenta per me un duro lavoro sia dal punto di vista tempistico (organizzazione di studio, tempo libero e vita privata) sia da quello più interno alla realtà presa in considerazione ovvero la relazione con i bambini. Avendo ricevuto un’educazione guidata da valori e virtù, spesso mi rendo conto di quanto esistano situazioni familiari diverse, determinate da rapporti genitori-figli sempre più articolati e delicati. Quando mi sono trovata in situazioni dove l’educazione che ho ricevuto non coincideva con quella che i genitori stavano dando a questi bambini, ho iniziato a riflettere su come agire per non entrare in conflitto con le decisioni della madre e del padre, in quanto massima figura di autorità nella famiglia. Ammetto che spesso ho dubitato e giudicato gli approcci utilizzati dalle figure educatrici all’interno della casa, ma mai mi sono permessa di rivelare il mio pensiero seppur fossi contrariata.
Con il passare dei mesi ho imparato a gestire questo dislivello di approcci e metodi fino a trovare un equilibrio stabile e fortificato. Non entrando in conflitto né con i genitori né con i figli. Il fulcro della mia analisi personale per trovare questo punto di equilibrio, è stato quello di basarmi sulla mia esperienza personale. Ho deciso di conservare gli insegnamenti dei miei genitori, ricordando i valori e le regole che mi hanno accompagnato nella crescita; non ho evitato di mostrare le qualità che durante la mia adolescenza ho scoperto di avere e ho fatto sì che si fortificasse la mia autorità attraverso l’umiltà e il sacrificio.
Sembra quasi un controsenso parlare di autorità attribuendone un senso di umiltà e sacrificio, penso che sia proprio questo il nucleo della questione. Ho sperimentato che se ad un bambino mi mostro altezzosa, autoritaria e ad un livello troppo superiore a lui, non ottengo nulla perché il piccolo non si sentirà mai di dialogare con me o di instaurare un rapporto. Attraverso un duro sacrificio e lavoro per mostrarmi amorevole e attenta verso il bambino, lui piano piano si è fidato di me, e nonostante fosse timido ed estremamente introverso, adesso quando camminiamo per strada mi prende la mano. Nonostante abbia otto anni, nonostante sia circondato dai suoi amici, sento quella piccola manina tra le mie dita, e lì capisco che tutto il tempo e i sacrifici che ho fatto per lui, sono valsi la pena.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.