Azione educativa e dislessia – la dislessia non è solo un problema di lettura.
Innanzi tutto per capire come agire nell’apprendimento di un ragazzo che presenta un DSA (disturbo specifico dell’apprendimento) bisogna comprendere cosa realmente è e cosa comporta un disturbo dell’apprendimento nella vita dei ragazzi.
Tutt’oggi, nel 2020 se parliamo di dislessia, genericamente intesa o meglio di disturbi specifici dell’apprendimento, in molti non hanno idea di cosa si tratti, le domande che solitamente vengono poste sono: – “Ma quindi non sai leggere?”, oppure: – “ma la dislessia è quando inverti le lettere?”.
Questa mancanza di conoscenza fa capire quanto questo disturbo sia ancora sottovalutato e poco chiaro tra le persone e soprattutto nelle scuole e quanto purtroppo gli stessi insegnanti non siano preparati dal punto di vista psicopedagogico ad affrontare determinate problematicità, ciò è un enorme problema perché la stima dei DSA in Italia è di almeno un bambino per classe. Una volta si diceva: – “è intelligente, ma non si impegna!”, mentre il bambino si affaticava e si arrendeva piano piano convinto di non potercela fare. A proposito di intelligenza è bene chiarire che tutte le certificazioni di DSA devono accertare il livello cognitivo del bambino nella norma, altrimenti non si tratta di DSA, e spesso il QI di un DSA è superiore alla norma. Inoltre le diagnosi o gli screening vanno fatti precocemente per poter avere un quadro più chiaro e coerente. Si potrebbe anche intercettare già alla scuola dell’infanzia il bambino che svilupperà il disturbo. Ma andiamo per ordine.
Con questo articolo vorrei provare a chiarire il concetto di dislessia raccontando in parte anche la mia esperienza e senza grandi aspettative tentare di introdurre un’azione educativa utile per questa casistica.
Per cominciare: la dislessia non è solo un problema di lettura. La dislessia, come la disortografia e la discalculia, fanno parte di un disturbo del neuro-sviluppo che si presenta durante i primi anni di scolarizzazione dei bambini e riguarda appunto più aree e la lettura, generalmente è la prima a dare l’allarme poiché verso Natale della prima classe primaria quasi tutti bambini a sviluppo normotipico sanno leggere, quelli col disturbo stentano o presentano un affaticamento tale da insospettire generalmente il genitore e l’insegnante attento. Il secondo indicatore del disturbo di apprendimento sono le poesie da imparare a memoria e la memorizzazione in generale di regole e delle famigerate tabelline che non decolla.
Se volessimo trovare l’aggettivo più conforme a descrivere questo disturbo sarebbe “pervasivo”, la dislessia è una forma di disordine che appunto, pervade più aree e ostacola la capacità di organizzare, coordinare e gestire l’apprendimento nelle sue funzioni elementari. Si può quindi immaginare che i bambini che presentano questo disturbo molto spesso affrontano svariate difficoltà nei primi anni scolastici e sviluppano una sorta di avversione quasi irreversibile nei confronti della scuola.
In base alla mia personale esperienza posso dire che la dislessia e i disturbi dell’apprendimento abbiano determinato gran parte della mia personalità proprio perché non si limitano a condizionare solo l’apprendimento, ma determinano anche molti altri aspetti come semplicemente l’autostima, motore importante e portante dell’apprendimento che essendo la basa della sicurezza in sé stessi fa sì che l’alunno si senta capace e all’altezza dei compiti assegnati. Nel momento in cui questa fiducia si affievoliva, a causa di questa difficoltà, la sensazione che più spesso per me era ricorrente (e forse lo è ancora oggi in alcuni casi) è proprio la sensazione di non potersi fidare della propria mente e dei propri ricordi, con una metafora come un volo senza paracadute.
Proprio per questo l’azione educativa è determinante e deve mirare a lasciare intatta l’integrità e l’unicità dell’alunno-persona e deve fare assolutamente leva sulle sue potenzialità, per far sì che egli comprenda che “l’essere un DSA” non lo rende peggiore degli altri, ma naturalmente diverso dagli altri, come lo siamo anche fisicamente tutti diversi e unici, e in fine rendere la differenza il suo punto di forza.
Un ultimo elemento importante a mio avviso è la capacità dell’insegnante di porre degli obiettivi raggiungibili e personalizzati a ciascun alunno in modo tale da dimostrare pian piano che non si tratta di fare la stessa strada per raggiungere per primi la vittoria, ma di raggiungere gli stessi obiettivi in modi diversi e ciascuno con i propri tempi.
Ciao Elisa, sono completamente d’accordo con te. Questi disturbi sono molto diffusi, ma purtroppo anche molto sottovalutati a causa dell’ignoranza (intesa come non conoscenza) delle persone. Dobbiamo, quindi, affidarci alla pratica educativa e agli educatori affinché riescano a comprendere al meglio i bisogni dei propri educandi per poterli aiutare sia nella vita scolastica che nella vita di tutti i giorni, per far sì che non sottovalutino se stessi e che abbiano un buon livello di autostima.
Ciao Elisa,sono d’accordo con te su tutto ciò che hai detto. Anch’io ho un fratello che ha questo disturbo e grazie alla mia famiglia e ad un equipe di specialisti abbiamo ottenuto degli ottimi risultati. Inoltre anche a me fa rabbia ascoltare le persone ‘ignoranti’che giudicano senza sapere neanche di cosa si tratta. Penso che sia giunta l’ora di far conoscere a tutti che la DSA è soltanto una caratteristica che vi fa rendere unici e forti.