2 commenti su “La mia esperienza come animatrice ”
Ciao Alessia, anche io tre anni fa sono stata animatrice presso l’oratorio della parrocchia San Mattia. Proprio come te ho incontrato varie difficoltà con alcuni bambini, ad esempio uno di questi si isolava continuamente dal gruppo, ma non perché ci fossero in corso atti di bullismo nei suoi confronti; era lui che amava la solitudine, che non voleva partecipare ai giochi di squadra. E’ stato molto difficile per me e per gli altri educatori comprendere il perché di questi suoi atteggiamenti. Parlando con lui con lui giorno dopo giorno siamo riusciti a farlo aprire ed integrare (anche se non del tutto) sia nei nostri confronti che con il gruppo di bambini. Al bambino serviva solo qualcuno che si mostrasse disponibile ad ascoltarlo.
Sono pienamente d’accordo con te, anche io ho fatto l’animatrice per due anni in un campeggio.Per quanto riguarda la mia esperienza personale penso che fare l’animatrice in un campeggio è totalmente differente da fare l’animatrice in un oratorio (avendo provato anche questo tipo di esperienza) poiché in oratorio i ragazzi hanno delle basi date dai genitori, probabilmente anche per i vari insegnamenti religiosi ed accomunati proprio da questa caratteristica.
Nel campeggio devi aver a che fare con bambini e ragazzi totalmente diversi tra loro, con interessi e problematiche diverse e difficili da gestire. L’animatore nel campeggio non è visto come un “educatore” ma semplicemente come una figura che deve far giocare i loro figli quasi come un Baby-sitter.
L’impronta che invece noi tre animatori siamo riusciti (anche se con molta fatica) a dimostrare durante la nostra estate è proprio quella di far giocare i bambini e i ragazzi ma con lo scopo di educarli e di fargli comprendere come gestire situazioni e farli riflettere.
Ogni gioco che si svolgeva, ogni discussione che si affrontava specialmente con i ragazzi più grandi si concludeva, dopo una lunga riflessione, in un pensiero finale raccolto in una frase, una specie di aforisma che poteva servire ai ragazzi come esperienza di vita, come consiglio o semplicemente come spunto di riflessione.
Secondo me la grande capacità che siamo riusci a dimostrare e che ci ha portato a fine stagione ad avere molti complimenti e vedere cambiamenti evidenti in alcuni ragazzi, soprattutto quelli che fanno i “prepotenti” ma sotto nascondono tante difficoltà, è stata proprio quella di metterci al pari con loro di essere educatori, conquistandoci con il tempo la loro fiducia e dandogli punti di vista diversi dai loro.
Ciao Alessia, anche io tre anni fa sono stata animatrice presso l’oratorio della parrocchia San Mattia. Proprio come te ho incontrato varie difficoltà con alcuni bambini, ad esempio uno di questi si isolava continuamente dal gruppo, ma non perché ci fossero in corso atti di bullismo nei suoi confronti; era lui che amava la solitudine, che non voleva partecipare ai giochi di squadra. E’ stato molto difficile per me e per gli altri educatori comprendere il perché di questi suoi atteggiamenti. Parlando con lui con lui giorno dopo giorno siamo riusciti a farlo aprire ed integrare (anche se non del tutto) sia nei nostri confronti che con il gruppo di bambini. Al bambino serviva solo qualcuno che si mostrasse disponibile ad ascoltarlo.
Sono pienamente d’accordo con te, anche io ho fatto l’animatrice per due anni in un campeggio.Per quanto riguarda la mia esperienza personale penso che fare l’animatrice in un campeggio è totalmente differente da fare l’animatrice in un oratorio (avendo provato anche questo tipo di esperienza) poiché in oratorio i ragazzi hanno delle basi date dai genitori, probabilmente anche per i vari insegnamenti religiosi ed accomunati proprio da questa caratteristica.
Nel campeggio devi aver a che fare con bambini e ragazzi totalmente diversi tra loro, con interessi e problematiche diverse e difficili da gestire. L’animatore nel campeggio non è visto come un “educatore” ma semplicemente come una figura che deve far giocare i loro figli quasi come un Baby-sitter.
L’impronta che invece noi tre animatori siamo riusciti (anche se con molta fatica) a dimostrare durante la nostra estate è proprio quella di far giocare i bambini e i ragazzi ma con lo scopo di educarli e di fargli comprendere come gestire situazioni e farli riflettere.
Ogni gioco che si svolgeva, ogni discussione che si affrontava specialmente con i ragazzi più grandi si concludeva, dopo una lunga riflessione, in un pensiero finale raccolto in una frase, una specie di aforisma che poteva servire ai ragazzi come esperienza di vita, come consiglio o semplicemente come spunto di riflessione.
Secondo me la grande capacità che siamo riusci a dimostrare e che ci ha portato a fine stagione ad avere molti complimenti e vedere cambiamenti evidenti in alcuni ragazzi, soprattutto quelli che fanno i “prepotenti” ma sotto nascondono tante difficoltà, è stata proprio quella di metterci al pari con loro di essere educatori, conquistandoci con il tempo la loro fiducia e dandogli punti di vista diversi dai loro.